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TECNICHE CONTROLLO E SANZIONI / GIURISPRUDENZA

L'introduzione nel testo del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, ad opera della L. n. 68 del 2015, art. 1, comma 3, del comma 4-bis - secondo cui "è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca" - non vale a sconfessare il diritto vivente in allora formatosi. Ed invero, non coglie nel segno il ricorrente quando osserva che dalla "novella" dovrebbe trarsi la conclusione che "in precedenza non vi era alcuna previsione che consentisse in via generale la confisca dei mezzi utilizzati per la commissione del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, anche perchè, diversamente, la nuova disposizione non avrebbe alcuna effettiva portata normativa". Essa, di fatti, non menziona in alcun modo i mezzi di trasporto (che pure possono rientrare, senza esaurirla, nella generica previsione delle "cose che servirono a commettere il reato") e dispone la confisca obbligatoria delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, introducendo altresì, in via subordinata, l'obbligo della c.d. confisca per equivalente. E' agevole rilevare, dunque, come, con riguardo al delitto di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, la nuova disposizione abbia trasformato in obbligatoria l'ipotesi generale di confisca facoltativa prevista dall'art. 240 c.p. , comma 1, nel contempo prevedendo la c.d. confisca per equivalente, seguendo in ciò una linea che la recente legislazione ha perseguito in diversi ambiti di tutela penale.